Secondo la risoluzione 89/2012, è la società Fiduciaria a dover operare la ritenuta di legge in vigore al momento sugli interessi pagati a banche estere per conto del fiduciante.

Secondo la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 89, diramata il 25 settembre 2012, le società fiduciarie residenti in Italia che, in virtù del mandato loro conferito da persone fisiche anch’esse residenti, corrispondono a banche estere interessi a fronte di finanziamenti accesi in favore delle persone fisiche stesse, sono tenute ad operare su tali proventi la ritenuta a titolo d’imposta in vigore al momento prevista dall’art. 26, comma 5, del DPR 600/73.

Gli interessi corrisposti a soggetti non residenti senza stabile organizzazione in Italia a fronte di finanziamenti sono qualificabili come redditi di capitale a norma dell’art. 44, comma 1, lettera a), TUIR. E’ questa la sintesi della risposta fornita dall’Agenzia delle Entrate ad un interpello nella risoluzione n. 89/E del 25 settembre scorso

Il caso preso in considerazione dalla risoluzione è quello di una società che ha ricevuto dai propri fiducianti italiani la richiesta di stipulare, a nome proprio ma per conto della clientela, appositi contratti di finanziamento con istituti di credito esteri (senza stabile organizzazione in Italia) presso i quali sono depositate attività finanziarie che fungono da garanzia; la fiduciaria ottiene in questo modo una linea di credito a lei intestata, utilizzabile a richiesta dai fiducianti e produttiva, quindi, di interessi corrisposti dalla società stessa alla banca per conto dei beneficiari finali.

La conclusione a cui è giunta la risoluzione poggia sull’assunto per cui la fiduciaria agisce quale controparte negoziale nell’ambito del contratto di finanziamento, anche se l’operazione è strumentale all’esecuzione del mandato fiduciario conferito dalle persone fisiche. E’ quindi la società stessa obbligata alla corresponsione degli interessi alla banca estera, benché l’onere economico effettivo sia sopportato dai fiducianti, nei confronti dei quali vi saranno evidentemente forme di rivalsa.
Fatta questa premessa, la risoluzione 89/2012 precisa:

– in primo luogo, che ci si trova di fronte ad un reddito (gli interessi erogati all’istituto di credito estero) imponibile in Italia in virtù dell’art. 23, comma 1, lettera b) del Tuir, in quanto corrisposto da un soggetto residente in Italia;

– che l’istituto di credito estero assolve l’imposta italiana attraverso la ritenuta a titolo d’imposta che l’art. 26, comma 5, del DPR 600/73 prevede per i redditi di capitale “residuali” (non compresi, cioè, nell’elencazione tassativa degli altri commi della norma), anche nel caso in cui i proventi siano (come accade nella situazione qui presa in esame dall’Agenzia) conseguiti nell’esercizio di imprese commerciali.

Il caso non ricade tra gli esoneri dall’imposta sostitutiva La banca estera non può, in particolare, beneficiare dell’esenzione dall’imposta sostitutiva per i non residenti di cui all’art. 26-bis del DPR 600/73, in quanto questa esenzione non è prevista per gli interessi derivanti dai prestiti in denaro.

La risoluzione evidenzia da ultimo che, per quanto riguarda gli obblighi di monitoraggio fiscale, la società fiduciaria è tenuta a rilevare e comunicare i trasferimenti di denaro per importi superiori alla soglia in vigore al momento conseguenti alla sottoscrizione del finanziamento (inclusi i trasferimenti connessi ai relativi interessi). Per contro i fiducianti, visto che il finanziamento è riconducibile ad un rapporto di amministrazione fiduciaria, e tenuto conto che la società fiduciaria assume la qualifica di sostituto di imposta per i conseguenti flussi reddituali, non devono indicare nel modulo RW del modello Unico i trasferimenti da e verso l’estero relativi all’operazione prospettata.