Con la legge n. 55 del 14.2.2006, entrata in vigore dal 16.3.2006, è stato introdotto nel nostro ordinamento il nuovo istituto del patto di famiglia (artt. da 768 bis a 768 octies del codice civile, che costituiscono il nuovo capo V bis del titolo IV, libro II, posto a chiusura della disciplina della divisione ereditaria.

La nuova normativa sul patto di famiglia è stata attuata al fine di recepire due raccomandazioni della Commissione UE (la prima n. 94/1069 del 7 dicembre 1994, pubblicata sulla G.U.C.E. n. L 385 del 31.12.1994, e la seconda n. 98/C 93/02, pubblicata sulla G.U.C.E. n. C-93 del 28.3.1998).

Si tratta della possibilità per un imprenditore che durante il corso della propria vita di gestire il passaggio generazionale della propria impresa, trasferendo ad uno o più discendenti da egli stesso prescelti l’azienda o le quote di partecipazione al capitale della “società di famiglia”, senza che vi possano essere contestazioni in sede di eredità.

La ratio di questa riforma è quella di consentire un passaggio generazionale più fluido, evitando possibili liti tra i successori e preservando così la funzionalità dell’azienda.

L’imprenditore risolve anticipatamente le difficoltà che potrebbero generarsi in sede di aperture di una successione mortis causa scegliendo, in vita, il successore che ritiene più consono alla gestione dell’impresa.

Il patto di famiglia non coinvolge i fratelli dell’imprenditore, il suo convivente, e nemmeno zii, cugini e altri parenti.

INQUADRAMENTO GIURIDICO

Il patto di famiglia è un istituto fortemente innovativo che deroga profondamente ad alcune norme e principi di diritto saldamente radicati nel nostro ordinamento quali, ad esempio:

·         il divieto di patti successori sancito dall’art. 458 cod. civ.;

·         il diritto dei legittimari a favore dei quali la legge riserva una quota di eredità (cfr. art. 536 cod. civ.);

·         l’irrinunciabilità all’azione di riduzione durante la vita del donante;

·         la realità dell’azione di riduzione;

·         l’applicazione delle imposte di successione e di donazione (cfr. art. 3, comma 4-ter, D. Lgs. n. 346 del 1990).

Schematicamente, le principali caratteristiche del patto di famiglia sono le seguenti:

1.  è un contratto concluso per atto pubblico (pena la nullità) mediante il quale l’imprenditore trasferisce per spirito di liberalità – e dunque, senza corrispettivo alcun – a uno o più discendenti in tutto o in parte l’azienda o la partecipazione sociale;

2. al contratto devono partecipare il coniuge e tutti coloro che sarebbero legittimari se in quel momento si aprisse la successione dell’imprenditore;

3. i discendenti assegnatari devono liquidare i legittimari partecipanti corrispondendo o obbligandosi a corrispondere loro, in denaro o in natura, il valore della quota di legittima loro spettante sull’azienda o sulla partecipazione, nel medesimo atto o in atto successivo di cui siano parte gli stessi contraenti del primo atto;

4.  i legittimari non assegnatari partecipanti al patto possono rinunciare a tale liquidazione;

5. le assegnazioni e le liquidazioni effettuate con il patto di famiglia non sono aggredibili con l’azione di riduzione, né sono soggette a collazione;

6. gli eventuali legittimari sopravvenuti, dopo la morte dell’imprenditore, potranno solo pretendere dai beneficiari del patto il pagamento della somma corrispondente alla loro quota di legittima, oltre agli interessi legali, ma non esperire l’azione reale di riduzione (quindi è loro riconosciuto un semplice diritto di credito);

7.  essendo un contratto, il patto può essere sciolto o modificato solo con il necessario intervento di tutti coloro che ne furono parte;

8. il recesso è ammesso solo se espressamente previsto nel patto e solo se esercitato mediante dichiarazione recettizia certificata da notaio, che deve pervenire a tutti coloro che furono parte dell’originario contratto.

Il contratto può essere:

* impugnato, entro un anno, solo per errore, violenza e dolo disciplinati dagli articoli 1427 e seguenti del codice civile.

* sciolto per mutuo consenso o revocato con la stessa forma del primo contratto e con la partecipazione delle medesime parti.

I trasferimenti di azienda o delle partecipazioni all’interno di un Patto di Famiglia sono esentati dall’applicazione dell’imposta di successione e donazione.

Con riferimento al regime di esenzione operante per i passaggi generazionali di aziende e/o partecipazioni, va osservato che l’art. 3, co. 4-ter del D.Lgs. n. 346 del 1990, riconduce tali trasferimenti fra quelli non soggetti all’imposta, in sussistenza dei seguenti presupposti:

·  il/i beneficiario/i devono essere il coniuge e/o i discendenti del dante causa;

·  gli assegnatari devono proseguire l’attività di impresa o detenere il controllo per almeno 5 anni;

·  apposita dichiarazione di voler usufruire delle agevolazioni contestualmente all’atto di trasferimento o alla presentazione della dichiarazione di successione;

· se vengono trasferite quote o azioni in società di capitali, queste devono consentire di acquisire o integrare il controllo, ex art. 2359, c. 1 n. 1, C.C. (anche se in comproprietà fra più discendenti).

L’agevolazione si applica anche per i trasferimenti che consentano l’acquisizione o l’integrazione del controllo in regime di comproprietà, se i diritti dei comproprietari vengono esercitati da un rappresentante che disponga della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea.

La Corte di Cassazione sottolinea che il “controllo” della società si realizza qualora si disponga della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria della società, ossia si detenga più del 50% delle quote o azioni della stessa, con diritto di voto nell’assemblea ordinaria.

Per quanto concerne il requisito di continuità quinquennale, si deve sottolineare che, a determinate condizioni, non determina decadenza dal regime di esenzione l’ipotesi in cui il discendente assegnatario, prima che sia decorso il quinquennio, decida di conferire l’azienda o le partecipazioni ricevute in una società da lui stesso controllata .

La prosecuzione dell’attività d’impresa è sicuramente ravvisabile tutte le volte che l’azienda viene conferita in una società di persone. Del resto, il requisito del controllo si applica esclusivamente ai trasferimenti aventi ad oggetto quote di partecipazione in società di capitali e, pertanto, non si ritiene necessario verificarne la sussistenza in capo al conferente, nel caso in cui la conferitaria sia una società di persone. Viceversa, nel caso in cui il conferimento sia effettuato nei confronti di una società di capitali, prima che siano decorsi cinque anni, la decadenza dal beneficio dell’esenzione si verifica ogni qual volta le azioni o quote assegnate al conferente non gli consentano di conseguire o integrare il controllo della società conferitaria, ai sensi dell’art. 2359, comma 1, n. 1), C.C..

Qualora nel quinquennio si verifichino delle operazioni straordinarie che coinvolgono l’azienda trasferita, il requisito della prosecuzione quinquennale dell’attività d’impresa può intendersi assolto nelle seguenti ipotesi:

· operazioni che diano origine a società di persone, ovvero incidano sulle stesse, a prescindere dal valore della quota assegnata al socio;

· operazioni che diano origine, ovvero incidano su, società di capitali, purché il socio mantenga o integri una partecipazione di controllo, ai sensi dell’art. 2359, comma 1, n. 1), del C.C..

La legge dunque prevede che l’attribuzione dell’azienda sia “compensata” con un’attribuzione in denaro o in natura a favore di coloro che sarebbero i legittimari dell’imprenditore (a meno che, ovviamente, costoro non vi rinuncino in tutto o in parte).

Colui a cui viene assegnata l’azienda o le partecipazioni deve provvedere a liquidare gli altri eredi con il pagamento di una somma di denaro o con l’attribuzione di altri beni corrispondenti al valore delle loro quote di legittima.

A seguito della stipulazione del patto di famiglia la quota di legittima è convertita in un diritto di credito immediato ed esigibile.

Infatti, gli assegnatari devono liquidare agli altri partecipanti (sempre che questi non vi rinuncino) una somma corrispondente al valore di quanto ricevuto.

La presenza necessaria di un conguaglio a favore degli altri legittimari differenzia i patti di famiglia da qualsiasi altra donazione.

L’attribuzione ai familiari non beneficiari dell’azienda o delle partecipazioni può essere effettuata sia da colui che dona l’azienda sia dal discendente dell’imprenditore che beneficia dell’attribuzione dell’azienda o delle partecipazioni: limitare a questo ultimi il compito di effettuare questa compensazione sarebbe una soluzione praticamente irrealizzabile nella maggior parte dei casi; invero, di regola, l’età dei beneficiari dell’attribuzione dell’azienda o delle partecipazioni è piuttosto giovane e il loro personale patrimonio è tendenzialmente privo delle risorse sufficienti per far fronte alle esigenze di “compensazione” dei familiari non beneficiari dell’ attribuzione dell’azienda o delle partecipazioni; infine, il valore dell’azienda è spesso assai elevato e una “compensazione” che soddisfi le esigenze dei familiari non beneficiari richiede la disponibilità di una somma di notevole entità, che spesso nemmeno vi è nel patrimonio dell’imprenditore donante (e tanto meno la si ritrova nel patrimonio del discendente donatario).

Le società fiduciarie potrebbero essere coinvolte dall’imprenditore nella   predisposizione del Patto di Famiglia.

La società fiduciaria si caratterizza in quanto soggetto terzo, indipendente e professionale, che garantisce la corretta esecuzione di una serie di azioni per conto terzi e che possono essere definite anche in un secondo documento allegato al mandato fiduciario.

La fiduciaria è il soggetto ideale per ricoprire il ruolo di rappresentante comune, come previsto nella circolare dell’agenzia delle entrate.

Il conferimento dell’incarico di rappresentante comune alla fiduciaria da parte dei discendenti può essere un’ottima soluzione per costituire il patto di famiglia e, nello stesso tempo, evitare di perdere l’agevolazione fiscale.